di Lorenzo De Sio*
I risultati di una ricerca internazionale su 5 paesi andati al voto nel 2017 e in Italia. Le differenze? Molte. E da noi la protezione contro il terrorismo non è tra le prime priorità
Negli ultimi anni la competizione tra partiti sta cambiando. Con le appartenenze ideologiche che si allentano, le strategie dei partiti puntano sempre meno su grandi visioni e ogni partito invece, grazie anche alla propria posizione e/o credibilità, si concentra su un piccolo pacchetto di temi su cui far valere un vantaggio competitivo rispetto agli altri.
È su questo che il Cise ha lanciato una ricerca internazionale, con indagini di opinione pubblica (e monitoraggio dei partiti su Twitter) sui cinque paesi europei che sono andati al voto nel 2017.
In queste settimane la ricerca analizza le oramai prossime elezioni italiane. Il nostro studio vuole rispondere – tra le altre – a due domande: 1) quali sono i temi percepiti come prioritari dai cittadini, e quali sono i partiti considerati più credibili per affrontarli? 2) quali sono i temi ottimali per ogni partito? Rispondere significa portare concretezza nel dibattito, chiarendo quali siano le priorità dei cittadini e aiutando a capire le strategie dei partiti.
Per l’Italia abbiamo selezionato 34 temi. Dodici corrispondono a obiettivi condivisi (per esempio combattere la disoccupazione o la corruzione), su cui cioè non conta la posizione dei partiti, ma semmai la loro credibilità nel realizzarli; gli altri 22 sono invece relativi a obiettivi controversi (per esempio l’accoglienza ai rifugiati o la flat tax), su cui i cittadini (e i partiti) hanno opinioni diverse, e quindi le soluzioni prospettate sono alternative.
Anzitutto, quali sono i temi più importanti? A dispetto della campagna sui media, tra i cittadini sembra esserci convergenza su un’agenda comune. Sui dieci temi a massima priorità, otto sono riconducibili a obiettivi condivisi (vedi la tabella 1, qui sotto).
Prevedibilmente, al primo posto c’è il lavoro. Diversamente dagli altri paesi, dove era quasi sempre al primo posto, la protezione dal terrorismo è solo all’ottavo. Più in generale, dal campione (1000 interviste via Internet con metodologia CAWI, stratificate per sesso, età e zona geografica, e ponderate per titolo di studio, interesse politico e ricordo del voto 2013) emerge un’agenda che combina i temi relativi al lavoro e alla crescita economica, ma anche una domanda di protezione (sanità, povertà, sicurezza, limitazione dei rifugiati) e di moralizzazione della politica e della società (riduzione dei costi, lotta alla corruzione, lotta all’evasione).
Sui due temi teoricamente controversi emergono invece posizioni nettissime: l’86% è a favore di un’intensificazione della lotta all’evasione fiscale, e l’80%, è per limitare l’accoglienza ai rifugiati. Altri temi controversi sembrano avere minore rilevanza: ad esempio, al 13° posto c’è la riduzione dell’età pensionabile (80% di favorevoli) mentre al 16° posto troviamo la flat tax (con un 73% di contrari).
LE TABELLE INTEGRALI SUL SITO CISE
Da notare che la depenalizzazione dell’eccesso di legittima difesa (su cui peraltro c’è il 69% di accordo) compare solo al 25° posto (va segnalato che la rilevazione è precedente alla vicenda della rapina di Frattamaggiore).
Infine, c’è un aspetto chiave: quali partiti sono ritenuti più credibili per realizzare questi obiettivi? E qui emerge la crisi della politica italiana: sui dieci temi chiave, i grandi partiti moderati al governo negli ultimi anni (Pd e Fi) ottengono la palma del più credibile solo una volta (Fi sulla crescita economica). È vero che su alcuni temi la loro credibilità va ben oltre la percentuale (qui non riportata) di chi attualmente li voterebbe (e questo potrebbe portare sviluppi nelle ultime settimane). Ossia, gli intervistati ne riconoscono la credibilità ad affrontare i temi in questione anche se in questo momento non sono intenzionati a sostenerli elettoralmente.
Tuttavia va segnalato che su alcuni temi molto importanti sono proprio i nuovi partiti “sfidanti” a registrare una forza straordinaria, ben al di là della loro base elettorale (ad esempio il M5s sui costi della politica e la Lega sulla criminalità).
E qui emerge la specializzazione tematica dei partiti. Specializzazione che vediamo ancora meglio nella seconda tabella, qui di seguito. Per ogni partito riportiamo i cinque temi ottimali. Si tratta dei temi su cui il partito presenta la combinazione migliore di unità del proprio elettorato, sintonia con posizioni diffuse tra tutti gli elettori, credibilità attribuita dagli intervistati.
I profili che emergono dalla tabella sono quelli che già conosciamo per molti di loro. Tuttavia c’è un dato sorprendente: mentre in genere i partiti di governo sono più forti sui temi condivisi (e gli “sfidanti” invece su temi controversi), emerge la visibile eccezione di Pd e M5s. Il Pd è infatti molto caratterizzato su obiettivi controversi, ma non ha tra i suoi punti forti nessun obiettivo condiviso (Fi si mantiene invece forte su obiettivi condivisi come lavoro e crescita).
Paradossalmente il M5s appare molto forte su alcuni obiettivi condivisi. Questo forse riflette il fatto che il Pd sembra aver puntato più su una caratterizzazione netta e divisiva su alcuni temi, piuttosto che sulla rivendicazione dell’operato del governo: di conseguenza il suo attuale elettorato (e profilo di credibilità) è caratterizzato in questo senso. Mentre il M5s beneficia dell’aver investito su temi dalla forza chiaramente trasversale.
Per adesso questi dati ci danno un’idea dei meccanismi che promuovono il consenso per i vari partiti; suggeriscono però anche temi e conflitti che dopo le elezioni – come avvenuto in altri paesi europei – entreranno nelle delicate trattative per la formazione del nuovo governo.
* Lorenzo De Sio è professore di Scienza Politica presso la Luiss. È coordinatore del Cise – Centro Italiano Studi Elettorali.
Articolo consultabile su Repubblica.it
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un solo commento parziale rispetto alla ricchezza dell’indagine: perché e su che basi si sostiene che il Pd sta facendo una campagna elettorale che non enfatizza i meriti del suo governo. Vista anche la sovraesposizione dei ministri mi sembra il contrario.
Piero Ignazi
Grazie del commento. È vero che – soprattutto nelle ultime settimane – il Pd sembra aver compreso la necessità di rivendicare l’operato del governo; tuttavia i dati mostrano abbastanza inequivocabilmente la peculiarità del profilo di credibilità del Pd, abbastanza singolare per essere il partito del presidente del consiglio uscente. A mio parere il dato riflette l’inevitabile tensione (rimasta finora sotto traccia ma costantemente presente) tra la linea istituzionale e tendenzialmente “ecumenica” del presidente Gentiloni e il profilo più tematicamente caratterizzato del segretario Renzi, soprattutto su alcuni temi. Per certi versi i temi chiave per il Pd sembrano essere un’intersezione tra i due, ovvero sì la rivendicazione dell’operato del governo, ma specialmente sui temi cari al segretario. E qui non si può non ravvisare che i ministri sono sì presenti, ma il presidente del consiglio in carica lo è molto meno, comprensibilmente, a vantaggio di Renzi. Il problema è che così, in un’epoca di personalizzazione della politica come la nostra, non ci si può sorprendere che gli elettori percepiscano il PD molto più come il partito di Renzi che come il partito di Gentiloni; e che quindi questo attragga elettori essenzialmente in base al profilo di Renzi. In questo, più in generale, rivedo un problema che ha afflitto il centro-sinistra in passato (e che riecheggia addirittura le classiche tensioni partito-governo della Prima repubblica): quando al governo, si è poi sempre presentato alle elezioni con un candidato diverso che rivendicava discontinuità; e questo inevitabilmente è destinato a creare confusione negli elettori.