di Fulco Lanchester*

La volubilità italiana in materia elettorale è un sintomo palese e preoccupante di disordine e di persistente mancanza di riallineamento partitico

Diceva Montesquieu nell’Ésprit des lois che per la democrazia la legge per l’elezione degli organi rappresentativi è importante come quella di successione per la monarchia. Una cattiva legge non soltanto delegittima l’ordinamento, ma rischia di apportare difficoltà e disordine pericolosi per la stabilità sistemica.

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In questa specifica prospettiva la situazione italiana dell’ultimo quarto di secolo è da considerarsi straordinaria sia per il numero e la contraddittorietà delle innovazioni introdotte, sia per le carenze che caratterizzano tutti i comparti della legislazione elettorale, facendone un caso peculiare nel panorama comparatistico.

Le caratteristiche da mettere in evidenza per comprendere la speciale situazione italiana sono: in primo luogo l’ipercinetismo della normativa relativa al sistema elettorale in senso stretto, con una sempre maggiore tendenza al privilegio dei soggetti già rappresentati e al controllo dei candidati e degli eletti; in secondo luogo la persistente ed incisiva carenza di regolazione della normativa elettorale di contorno, sia sul piano dell’espressione della volontà che su quello dell’eguaglianza delle opportunità tra i concorrenti; infine il ricorso sempre maggiore (ma ancora inefficace) alla giurisdizionalizzazione delle scelte parlamentari in materia elettorale.

SISTEMI ELETTORALI PER LE CAMERE BASSE DEGLI ORDINAMENTI DELL’EUROPA OCCIDENTALE (ESCLUSA ITALIA)
STATO DIMENSIONI DELLA CAMERA COLLEGIO/CIRCOSCRIZIONE FORMULA SOGLIA D’ESCLUSIONE ESPLICITA LEGGE ELETTORALE
Andorra 28 14 u / 1 pl M/NM 1993
Austria* 183 9 pl NM 4% (o 1 m) 1992 (2016)
Belgio * 150 20 col.pl NM 5% (circ.) 1894 (2011)
Danimarca 179 17 pl/1 naz. NM 2% (o 1 m) 1987 (1991)
Finlandia 200 14 pl/1 u NM 1998
Francia* 577 577 u M 1958 (2011)
Germania* 598 299 u/16 pl NM 5% 1993 (2013)
Grecia 300 56 pl/1 naz. NM 3% 2004 (2012)
Irlanda* 158 40 pl NM 1992
Islanda 63 6 pl+seggi comp. NM 2000 (2003)
Liechtenstein 25 2 pl NM 8% 1973 (1987)
Lussemburgo 60 4 pl NM 2003
Malta 65 13 pl NM 1991 (2007)
Monaco 24 1 pl M 1968 (2002)
Norvegia 165 19 pl NM 2002
Olanda* 150 1 pl NM 0,67% 1989 (2008)
Portogallo 230 22 pl NM 1979
Regno Unito* 650 650 u M 1981 (2006)
San Marino 60 1 pl NM 3,50% 1958
Spagna* 350 50 pl/2 u NM 3% 1985 (1993)
Svezia 349 29 pl/1 naz. NM 4% 1997 (2006)
Svizzera* 200 5 u/21 pl M/NM 1970 (1991)

Legenda. *: ordinamenti bicamerali; u: collegio uninominale; pl: circoscrizione plurinominale; tra parentesi l’ultima modifica della legge elettorale. Formula: M=maggioritaria ; NM=non maggioritaria.

Iniziamo dal sistema elettorale in senso stretto, sicuramente il tema più esplosivo. Non esiste in Europa altro ordinamento che lo abbia mutato tante volte nell’ultimo quarto di secolo. Mentre nei 22 ordinamenti dell’Europa occidentale (tabella qui sopra) nessuno ha modificato il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi in modo incisivo dal 1958 (se si esclude la Francia nel 1985, che poi è tornata al doppio turno in collegio uninominale), nell’Europa centro-orientale ed orientale (tabella seguente) le modifiche successive a quelle conseguenti al crollo del socialismo reale sono state di assestamento sostanziale (se si escludono i più complessi casi romeno ed ungherese).

La volubilità italiana in materia è, invece, un sintomo palese e preoccupante di disordine e di persistente mancanza di riallineamento partitico. Nel corso degli ultimi 25 anni sono, infatti, sette i meccanismi elettorali che si sono succeduti a livello nazionale (senza considerare la variabilità sul piano regionale e delle regole per il parlamento europeo).

Nel 1993 le leggi 4 agosto 1993 n. 276 e n. 277, che modificarono la normativa speculare per le Camere del 1948; nel 2005 la legge n. 270; la legge n. 52 del 2015 per arrivare, dopo le sentenze 1/14 e 35/17 che hanno dichiarato incostituzionali parti degli ultimi due atti normativi citati, alla legge 165 del 2017, di cui stiamo imparando in questi giorni la grammatica.

SISTEMI ELETTORALI PER LE CAMERE BASSE DELL’EUROPA CENTRO-ORIENTALE E ORIENTALE
STATO DIMENSIONI DELLA CAMERA COLLEGIO/CIRCOSCRIZIONE FORMULA SOGLIA D’ESCLUSIONE ESPLICITA LEGGE ELETTORALE
Albania 140 12 pl NM 3% (5% coal.) 1997
Belarus* 110 110 u M 1994
Bosnia* 42 2 pl NM 3% 1996
Bulgaria 240 31 u/31 pl M/NM 4% 2001 (2009)
Cechia* 200 14 pl NM 5% (10% e più coal.) 1995 (2006)
Croazia* 151 10 pl NM 5% 1995 (2010)
Estonia 101 12 pl NM 5% 1994
Latvia 100 5 pl NM 1995 (2006)
Lithuania 141 71 u/1 pl M/NM 5%(7% coal.) 1962 (1996)
Macedonia 123 3 u/6 pl NM 1990 (2016)
Montenegro 81 1 pl NM 3% 1998 (2014)
Polonia* 460 41 pl/1 naz. NM 5% (8% coal.) 2001 (2011)
Romania* 346 43 pl NM 5% (8% e più coal.) 1992 (2015)
Russia* 450 1 pl NM 7% 1993 (2001)
Serbia 250 1 pl NM 5% 2000 (2006)
Slovacchia 150 1 pl NM 5% 1990 (2014)
Slovenia 90 2 u / 8 pl NM/M 4% 1992 (2006)
Ukraina 450 225 u/1 pl M/NM 5% 2011 (2012)
Ungheria 199 106 u/93 pl M/NM 5% (10%; 15% coal.) 1989 (2012)

Legenda. *: ordinamenti bicamerali; u: collegio uninominale; pl: circoscrizione plurinominale; tra parentesi l’ultima modifica della legge elettorale. Formula: M=maggioritaria; NM=non maggioritaria.

Un simile ipercinetismo, derivante dal mancato riallineamento del sistema partitico dopo la crisi di regime del 1993 e dalla persistente presenza di formazioni considerate dai partner antisistema, ha visto – dopo l’ibernazione temporanea del circuito partitico parlamentare nel 2011 e i risultati bloccati delle consultazioni del 2013 – appunto l’intervento della Corte costituzionale con le citate sentenze 1/14 e 35/17, ma senza che il legislatore sembri essersi redento. I riformatori elettorali del post-1993 pensavano di condurre il Paese verso la normalizzazione con l’adozione di sistemi selettivi, ma invece che indirizzarci verso l’Europa occidentale ci hanno trasferito verso quella dell’Est, mantenendo il bicameralismo paritario e dopo aver cercato di recuperare l’unicum italiano del premio di maggioranza (Legge Acerbo 1923; Legge truffa 1953; Porcellum 2005; Italicum 2015).

Il cosiddetto Rosatellum bis con cui saranno gestite le elezioni parlamentari di marzo introduce un sistema misto con una tempistica, a parere di molti, contraria agli standard definiti a suo tempo dal Consiglio di Europa. Esso appare essere stato adottato con lo scopo di esercitare il controllo sui candidati e sugli eletti da parte di movimenti politici caratterizzati da leader personali a livello nazionale, ma privi oramai di solida strutturazione a livello territoriale. La convergenza su un meccanismo misto (caratterizzato da collegi uninominali e collegi plurinominali, soglie di esclusione differenziate per partiti singoli o coalizzati) non solo prospetta una logica molto differente dal Mattarellum, ma esprime soprattutto l’esigenza di controllo che forza la volontà dell’elettore con una scheda unica senza possibilità di splitting e con una spalmatura del consenso forzata.

La legge è basata sul privilegio dei rappresentati (si veda l’esenzione dalle sottoscrizioni per i gruppi presenti in Parlamento), con candidature selezionate dall’alto sulla base di un principio leaderistico in cui tutto si collega apparentemente al Capo politico della lista e con la vanificazione delle indicazioni costituzionali di cui all’art. 49. Si tratta di un classico della normativa partitocratica, che contrasta però con la mancanza di veri partiti e viola palesemente la eguaglianza delle opportunità tra i concorrenti e la libertà di voto.

I palesi difetti del meccanismo esistente vengono esaltati, infine, dal voto per i 12 deputati e i 6 senatori della circoscrizione estero, i quali sono eletti contravvenendo palesemente al dettato costituzionale dell’articolo 48 che affinché il suffragio sia libero richiede la segretezza e la personalità dello stesso. L’ordinanza di remissione del Tribunale di Venezia (n. 11 del 2018) porterà per la prima volta davanti alla Corte il voto per corrispondenza, con il rischio che questo, assieme ad altre previsioni della legge elettorale, venga sanzionato dalla Consulta dopo la tornata elettorale.

Gli effetti potrebbero essere devastanti per la legittimità dell’ordinamento, ma c’è già qualcuno che progetta di cambiare la legislazione in questione nel corso della prossima legislatura per ritornare a votare al più presto.

* Fulco Lanchester è professore di Diritto costituzionale italiano e comparato presso l’Università La Sapienza di Roma.

Consulta l’articolo su Repubblica.it

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One Comment

  1. prof. Miguel Mz Cuadrado, 26 Gennaio 2018 at 11:58

    El análisis del prof. Lanchester es brillante y sigue la línea de Montesquieu de considerar las leyes electorales en el sentido de las leyes de sucesión de las monarquías como actualización de las leyes electorales en las repúblicas. Por tanto parte esencial del sistema democrático de gobierno de nuestro tiempo.
    Sin embargo su clasificación dualista de Mayoritarios o NM, da lugar a cierto equívoco. Entre los sistemas NM como clasifica el caso de España, son en realidad más complejos de su apariencia. Casi la mitad de las circunscripciones son en realidad Mayoritarias y
    la prima a los dos primeros partidos se sitúa entre el 10 y el 15 por 100 del reparto de
    escaños en el resultado final.
    Entiendo que al menos la nueva ley electoral italiana , si es el preámbulo de una reforma constitucional que revise las bases de 1948, no sería tan devastadora como no solo el prof. Lanchester sino otros analistas ponen de manifiesto.

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