di Piero Ignazi*

Anche le prossime elezioni probabilmente non vedranno alcuno schieramento ottenere la maggioranza dei seggi. Un modo per risolvere il problema potrebbe essere quello di adottare il sistema elettorale francese, il maggioritario a doppio turno con ballottaggio

È molto probabile che dopo le elezioni ci troveremo di fronte ad un impasse, in quanto nessuno schieramento avrà ottenuto la maggioranza dei seggi. A meno che non si registri, ancora una volta, qualche transumanza da uno schieramento all’altro nelle aule parlamentari.

Del resto, la pratica del cambio di casacca si è così radicata nel nostro parlamento da non suscitare più il minimo scandalo. Chi voleva partiti destrutturati e centrati sugli elettori ha avuto ciò che ha predicato anche se, forse, non si aspettava un esito così ‘devastante’; ma con uno sguardo lungo, alla Carlo Tullio Altan, si poteva ben vedere quali sono le costanti del far politica in Italia. In fondo, i partiti organizzati sono stati una parentesi. Ed hanno resistito a lungo nel dopoguerra grazie – mi si permetta il paradosso – all’esperienza del totalitarismo fascista. Ma oggi, nell’era della fluidità e della liquidità, tutto ritorna, e così il notabilato d’antan si attaglia bene a strutture partitiche sempre più permeabili alle risorse individuali che ciascun dirigente può portare in dote. Come se ne esce per rilegittimare la politica e i partiti?

I punti su cui agire sono molti, da una più pervasiva intrusione della legge nell’attività dei partiti stessi a modalità di finanziamento premiali e non punitive (come invece è stato fatto con l’attuale norma: un cedimento al peggior populismo), da criteri vincolanti per la selezione della classe dirigente a meccanismi che rendano effettiva la responsabilità degli eletti. E l’elenco potrebbe continuare.

Qui mi limito a suggerire un intervento sul sistema elettorale riproponendo un’ipotesi che Luciano Bardi, Oreste Massari e il sottoscritto, sotto l’egida di Giovanni Sartori, presentammo all’attenzione dei politologi (con una ampia ricezione) e dei parlamentari (con qualche gentile attenzione, ma senza alcuna implementazione) alla fine del 2014. Si tratta della introduzione del sistema elettorale francese, il maggioritario a doppio turno con ballottaggio. Perché cambiare ancora? E perché rivolgersi proprio Oltralpe?

In primo luogo perché l’attuale sistema elettorale è del tutto screditato: viene disconosciuto anche dai suoi padri e si dimostrerà del tutto inadatto a garantire la rappresentatività e a favorire la governabilità. Tutti convengono che vada modificato.

In secondo luogo perché il sistema maggioritario a doppio turno, oltre ad aver dato buona prova di sé in Francia, presenta alcuno almeno quattro vantaggi:
– riduce la frammentazione partitica;
– favorisce la costruzione di maggioranze alternative;
– legittima l’eletto con una ampia percentuale di votanti;
– facilita un rapporto diretto e potenzialmente più “fiduciario” tra cittadini e rappresentanti.

Se vogliamo entrare più in dettaglio, il sistema francese :
– non deprime la competizione, perché nessuno parte necessariamente sconfitto: al primo turno un brillante candidato di un piccolo partito può superare la soglia di sbarramento, e poi se la “giocherà”;
– pur consentendo una competizione equa anche ai partiti minori non favorisce la frammentazione, in quanto la soglia di sbarramento punisce le liste velleitarie; ovviamente la soglia di sbarramento deve essere elevata, pari almeno al 15% dei votanti;
– facilita le aggregazioni tra i partiti al fine di presentare un candidato comune tanto al primo turno (per superare lo sbarramento) quanto e soprattutto al secondo turno (per vincere);
– porta alla luce del sole e definisce prima del voto tali alleanze, prefigurando in tal modo le future coalizioni governative;
– rinsalda, con il voto a un candidato nel collegio uninominale, il rapporto tra elettori e rappresentanti;
– fornisce maggiore legittimazione ai parlamentari in quanto essi sono eletti, nei loro collegi, con una quota di consensi elevata e, come insegna il caso francese, spesso a maggioranza assoluta.

Il sistema maggioritario a doppio turno appare quindi il più adatto a contenere la frammentazione, a rafforzare i rapporti fiduciari con gli eletti, a favorire la formazione di coalizioni e a scegliere una coalizione per il governo, consentendo una competizione bipolare e una democrazia dell’alternanza. Tutte caratteristiche che molti elettori e molti politici dicono di perseguire. Eppure solo il Pd, come in precedenza il Pds e i Ds, si è schierato a favore di questo sistema. Mentre a destra, Lega e Forza Italia – ma non Alleanza Nazionale che sostenne nel 1999 il referendum per l’abolizione della parte proporzionale del Mattarellum – si sono sempre opposti perché venivano penalizzati negli scontri uninominali. Di qui lo stallo. Ora però c’è un altro attore, il Movimento 5 Stelle. Che tuttavia predilige un sistema proporzionale. Una predilezione incomprensibile visto che, come è stato detto, i 5 Stelle sono una “macchina da ballottaggio”. Ma proprio per questo, forse, possono cambiare orientamento.

* Piero Ignazi è professore di Scienza Politica presso l’Università di Bologna

Articolo consultabile su Repubblica.it

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3 Comments

  1. CARLO FUSARO 22 Febbraio 2018 at 9:47

    Sono naturalmente d’accordo. Ma oggi basterebbe senza il traino di un’elezione presidenziale?

  2. Jacopo Bernabeo 22 Febbraio 2018 at 12:51

    Senza dimenticare, come sottolineato dal Prof. Fisichella (in Elezioni e Democrazia), l’incidenza di questo sistema elettorale sui partiti antisistema.

  3. Helena 2 Marzo 2018 at 18:59

    Bene Pietro, condivido tutta la tua analisi storica del giornale e mi fa piacere che non imputi la definitiva chiusura ad un capriccio di Renzi come fanno tanti. Il punto è che la crisi del giornale è partita come tu giustamente dici dalla decadenza del PCI e credo che la cosa era inarrestabile, visto i cambiamenti nazionali e globali delle orze politiche di sinistra. A me personalmente spiace che non ci sia più il giornale del mio partito e lo detto anche al Segretario(che non mi ha risposto) sulla necessità di avere una voce critica se dovuta al partito, ma che facesse uscire nella gente ciò che il nostro partito al governo stava facendo con tutti gli errori e difficoltà del caso, ma rendere noto all”opinione pubblica la nostra matrice di sinistra anche se socialdemocratica, perché questo è oggi il mio partito, visto che alla nostra destra di giornali e televisioni ne hanno parecchie. Spero che l”Unità prima o poi apra in modo da leggere cose che condivido o no, ma leggerle dalle fonti dirette e non eterodirette da latri. Grazie Pietro per la preziosa testimonianza che hai manifestato e spero di rileggerti. Cordiali saluti Camillo Repetti

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